STREPITOSO MORICI, PERFORMER FILOSOFO INNAMORATO DELLA SARDEGNA
DOPO IL TUTTO ESAURITO DEL COMICO ROMANO, APPLAUSI A SCENA APERTA PER GINEVRA DI MARCO.
IL TRIONFO DI TENCO, DELLA POESIA, DELLA METAMORFOSI, DOVE TUTTO MUTA E NON PERISCE
Fine settimana di applausi e tutto esaurito al Centro Polivalente Migaleddu. Martis chiude le serate del Festival ( l’ultima è prevista in trasferta a Nulvi il 29 novembre), con due artisti che nella metamorfosi hanno scolpito il loro percorso, il primo nelle performance teatrali, la seconda nella musica d’autore. E’ tornato a Martis, presentato dal direttore artistico Giovanni Campus, Claudio Morici con una produzione Teatro Metastasio 2024 dal titolo “La malattia dell’ostrica”. Un freschissimo lavoro frutto di studi sulle biografie degli autori che lo ha portato a pensare che.. sono tutti matti!! Il titolo è emblematico ma racchiude il senso del suo show. Tutti crediamo che la perla racchiusa nell’ostrica sia il suo tesoro. E forse in un certo senso lo è. In verità, la perla è la malattia, la reazione ad uno stato di malessere che l’ostrica tramuta in perla. E dunque quel tesoro che noi pensiamo di trovare dentro un’ostrica altro non è che il frutto della sua malattia. E da qui Morici ha costruito un monologo intensissimo, privo di pause, un corroborante rimando ad autori, vite difficili dalle quali sono nati geni della letteratura. Ma dietro a questo interessante vocabolario biografico di autori noti, si nasconde la grande paura di Morici: far crescere suo figlio nel modo giusto, lontano da quel mondo fatto di penne geniali ma schizofreniche, che certamente la letteratura osanna fin dai primi anni di scuola, ma che poi in fin dei conti, lo hanno salvato. Perché i libri, e lo spiega bene Morici sul finale, hanno questo scopo. E quindi sul Palco non c’era solo Morici ma anche Claudio, con suo figlio, che sta affrontando l’adolescenza, e quindi nella piena metamorfosi da bambino a uomo, sotto gli occhi preoccupati di un papà amorevole e sensibile. Che sul palco lo ha portato con se, in tutte le sue sfumature, persino con la musica tecno. Una strepitosa interpretazione della letteratura che si avvicenda nella vita vera, in uno show psicologico da ascoltare tutto d’un fiato.
La serata dedicata a Tenco, andata in scena al Migaleddu, è stata anticipata dalla presentazione del libro di Elisa Giobbi “La morte mi fa ridere, la vita no”, un viaggio tra le gesta artistiche e umane di 14 artisti, “maledetti” o “dimenticati”, come li definisce l’autrice, accomunati dal divario tra grande talento e poca fortuna. Testimonianze e interviste e in una veste narrativa che rende merito ai grandi artisti sfuggenti, ingiustamente snobbati, ignorati o cristallizzati nella loro condizione di eterni outsider. Tra loro Luigi Tenco a cui è dedicato il concerto di Ginevra di Marco “𝐐𝐮𝐞𝐥𝐥𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐚”, spettacolo nel quale l’artista fa sue le canzoni di Tenco, vestendole con un nuovo abito musicale: un delicato equilibrio che non tradisce lo spirito originale ma le rinnova, permettendo sempre alla loro essenza più profonda di affiorare. Con lei sul palco Francesco Magnelli e Andreino Salvadori che di questo lavoro hanno curato gli arrangiamenti. Un viaggio attraverso i capolavori di uno dei maestri della musica italiana, intrapreso da una delle voci più emozionanti e intense del nostro Paese. Il progetto discografico di Ginevra di Marco, in forma di concerto, aveva già preso vita nel 2018 e ora si concretizza in un nuovo album, interpretato magistralmente con una grazia musicale e un’intensità viscerale.
Dopo l’ appuntamento del 28 novembre al museo Paleobotanico con la presentazione del libro “Grazia Deledda e il cibo. Da Omero ai giorni nostri” di Giovanni Fancello e Sara Chessa, il Festival chiude il 29 novembre a Nulvi. Denise Gueye e Marco Carta presentano il loro spettacolo dedicato a Federico García Lorca – Canciones Populares Españolas. Ricordiamo che l’ingresso è libero ma su prenotazione. E’ possibile scrivere una mail a ethnosfestival@gmail.com oppure telefonare ai seguenti numeri 3490660196/ 3717787565.